Preparati, perché in questo capitolo ho intenzione di attaccare duramente l’incapacità di molti imprenditori di fare squadra.
Ti ricordi il proverbio “l’unione fa la forza”?
È mai possibile che noi Italiani riusciamo ad essere uniti solo in due occasioni e cioè quando si verifica una tragedia che colpisce l’intero paese oppure quando la nazionale di calcio gioca i mondiali?
Questa incapacità di fare gioco di squadra o, come va di moda dire, di “fare sistema” è sicuramente una grossa pecca del nostro tessuto imprenditoriale, soprattutto degli imprenditori medi e piccoli, magari proprio come te, che faticano parecchio a trovare le idee, le forze, le risorse per affrontare questi tempi difficili.
Sai, qualcuno ha scritto che “piccolo è bello”, ma io non sono affatto d’accordo. Può esserlo se sei capace di fare, se sei organizzato, se puoi investire e, soprattutto, se ti accontenti di essere piccolo per scelta. Ad esempio perché vuoi continuare a offrire ai tuoi clienti un prodotto o un servizio che hanno le caratteristiche – come dico sempre della mia attività di consulenza – dell’abito sartoriale tagliato su misura.
È un dato di fatto che i tempi sono cambiati, che i mercati sono cambiati, che il mondo è cambiato.
Non è cambiato il proverbio – questo è il capitolo della saggezza popolare – che dice che “il pesce grosso mangia quello piccolo”.
In tutti i settori si stanno registrando concentrazioni di aziende: nell’industria aeronautica come in quella automobilistica, nei vari comparti della meccanica come nell’arredamento, per non parlare di banche, assicurazioni e servizi in genere.
A proposito di banche, hai per caso rapporti con una Banca di Credito Cooperativo o una Cassa Rurale?
Lo sai che fa parte di un circuito formato da tante altre piccole banche – sono più di 400 in tutto il Paese – e che questo gruppo è uno dei più importanti soggetti nel sistema bancario italiano?
Ciò significa che qualcuno conosce il valore e l’importanza dell’aggregazione.
Ma perché è così difficile mettersi insieme e sviluppare progetti comuni?
Non potrebbe essere utile unirsi per condividere i propri rispettivi punti di forza e, dall’altra parte, sanare i singoli elementi di debolezza?
È vero che “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” – in questo capitolo mi sento veramente calato nel ruolo del vecchio saggio, anche se vecchio non lo sono per niente – ma credo sia proprio il momento giusto per pensare a un progetto di alleanza con altri colleghi.
Qualche esempio?
Produttori del settore ufficio – mobili, sedute, pareti attrezzate – che si alleano per partecipare a contracts. Terzisti della meccanica che si mettono insieme per presentarsi come singolo fornitore della grande impresa che produce macchine utensili. Imprenditori dell’arredamento – produttori di soggiorni, di camere da letto, di cucine, di imbottiti – che si alleano per aprire degli showroom all’estero. Artigiani dell’abbigliamento che insieme contribuiscono per pagare un venditore o per dar vita a un ufficio commerciale strutturato. Rivenditori che si associano in gruppi di acquisto per ottenere le migliori condizioni dai propri fornitori. Quest’ultimo esempio, nello specifico, l’ho verificato in Francia, durante l’assistenza ad un’azienda italiana interessata a distribuire i propri prodotti idro-termo-sanitari oltralpe. Mi sono trovato a negoziare con i responsabili acquisti di gruppi che raccoglievano in un caso 320, in un altro 480 ed in un’altro ancora 504 rivenditori, in moltissimi casi singoli titolari di negozi al dettaglio.
Ovviamente erano loro a dettare legge e anche se in Italia l’azienda che seguivo era la più importante del suo settore, nei confronti di interlocutori così strutturati finiva per essere la controparte più debole. Proprio per questo motivo non siamo riusciti a concludere alcun accordo: erano tutti troppo sbilanciati a favore dei gruppi d’acquisto.
Cosa ci vuole per realizzare un’efficace ed efficiente alleanza strategica?
Pochi, ma buoni, requisiti:
- Una motivazione comune di tutti gli imprenditori che intendono unirsi.
- Uniformità di visione non solo degli imprenditori, ma anche dei rispettivi manager, se coinvolti.
- Il perseguimento di obiettivi comuni a medio/lungo termine.
- Un’equa ripartizione di investimenti e ritorni.
- Regole chiare di funzionamento dell’aggregazione (la cosiddetta governance).
- Un leader, cui spetterà il compito di guidare il gruppo.
- Onestà, in quanto nelle alleanze non c’è posto per i furbetti.
- Pazienza, perché i risultati non sono immediati e spesso non arrivano contemporaneamente per tutti coloro che si sono alleati.
Hai capito quanto può essere importante aggregarsi? Indubbiamente sono più i vantaggi degli svantaggi. Quindi se fino ad oggi avevi guardato con sospetto questo tipo di operazioni, considera che unirti ad altri tuoi colleghi può significare anche garantirti la sopravvivenza.
È giunto il momento che tu riveda le tue posizioni in merito alle alleanze strategiche anche perché – come dice il saggio – “solo gli idioti non cambiano mai opinione!”.
E con questo ti prometto che i proverbi sono finiti.