Quasi sempre nel mondo delle aziende e del marketing si parla di casi di successo. Quasi mai si parla di insuccessi anche clamorosi.
Poichè sbagliare è umano – e le aziende sono fatte da uomini e donne – per una volta parliamo di case history basate su fallimenti importanti, commessi da grandi aziende nelle loro operazioni di internazionalizzazione. In alcuni casi questi errori hanno temporaneamente limitato l’accesso a determinati mercati esteri. In altri, ben più gravi, hanno costretto le aziende a ritornare sui propri passi e a rivedere le proprie strategie.

Nestlè in Africa
La multinazionale svizzera ha cercato di imporre il proprio latte in polvere per l’alimentazione dei neonati. Peccato che il latte in polvere debba essere utilizzato con acqua potabile, che in molti Paesi africani non è affatto presente. Fra l’altro questo tentativo aggressivo di penetrazione del mercato si è ritorto come un boomerang contro l’azienda, oggetto di un boicottaggio iniziato nel 1977 e – in alcuni casi – ancora attivo.

SNC Lavalin in Libia
L’azienda canadese, una delle maggiori società nel campo delle costruzioni, ha deciso di schierarsi dalla parte sbagliata, appoggiando qualche anno fa il regime di Gheddafi. La scelta fu fatta per avere un canale preferenziale nella realizzazione di importanti infrastrutture, ma ha portato l’azienda ad essere inquisita per tangenti e soprattutto per aver supportato la dittatura del leader libico.

Walmart in Germania
Il colosso americano ha deciso di interrompere la propria presenza in Germania nel 2006, dopo aver aperto 85 propri punti vendita, con una perdita secca di un miliardo di dollari. Perchè? Perchè la strategia distributiva e commerciale utilizzata negli USA, basata su grossi centri di vendita al dettaglio aperti 24 ore al giorno e prezzi bassi, non può essere applicata nel Paese europeo, in cui vigono rigidi orari di apertura dei negozi e la tendenza a rivolgersi in punti vendita di dimensioni ridotte. Senza dimenticare che i tedeschi sono meno sensibili al fattore prezzo degli americani.

Home Depot in Cina
Il fallimento del progetto di penetrazione del mercato cinese, da parte di uno dei più grandi distributori di articoli di bricolage, è stata causato dal fatto che…i cinesi non amano il fai da te. Home Depot non è riuscita ad imporre il suo modello di business e a cambiare lo stile di vita dei cinesi. Senza contare che le costruzioni in Cina sono molto recenti e non richiedono ancora manutenzioni importanti. L’avventura dell’azienda americana è durata dal 2006 al 2012, anni durante i quali sono stati aperti 12 punti vendita.

Mattel in Cina
L’azienda produttrice della famosa bambola Barbie ha aperto nel marzo del 2009 uno store di 3.600 metri quadrati a Shanghai. Ma dopo due anni lo ha chiuso ed ha rinunciato a introdurre la bambola nel mercato cinese. Il motivo? I cinesi attribuiscono ai giocattoli un ruolo educativo ed hanno considerato la Barbie troppo frivola e non utile alla causa.

Coca Cola in India
La multinazionale americana ha lasciato il paese asiatico nel 1977, quando il governo indiano ha chiesto di conoscere gli ingredienti della famosa bevanda. Pur di non svelarli l’azienda ha deciso di abbandonare il mercato, salvo ritornarvi dopo 16 anni. In questo caso non si parla di un fallimento dovuto ad errori dell’azienda, ma del fallimento della strategia di presenza in India indotto da cause esterne alla società.

Korean Airlines negli Stati Uniti
La compagnia aerea ha vissuto un periodo difficile fra il 1970 e il 1999, anni durante i quali fu coinvolta in 16 incidenti che procurarono più di 700 vittime. Il più grave fu uno sconfinamento nello spazio aereo dell’allora Unione Sovietica per un errore di rotta commesso dal pilota ai comandi. Le autorità americane proibirono ai propri dipendenti di viaggiare con la compagnia coreana e considerarono l’eventualità di impedirle l’accesso allo spazio aereo federale. Il problema di Korean Air consisteva nel fatto che – a causa di un rigido sistema di separazione dei ruoli e delle funzioni – gli errori di qualsiasi tipo e gravità non venissero esaminati e discussi per evitare che si ripetessero.

Tutti questi esempi dimostrano come qualsiasi azienda – grande, media o piccola – può incorrere in errori durante la propria vita e le proprie attività.
L’importante è prendere spunto da episodi negativi per migliorare e, ovviamente, evitare che questi errori si ripetano.

Come si dice… “errare è umano, perseverare è diabolico!”.