Se dobbiamo subire l’imposizione di dazi doganali sui prodotti che vendiamo all’estero, come possiamo difenderci?

Se dobbiamo subire l’imposizione di dazi doganali sui prodotti che vendiamo all’estero, come sta accadendo in questi giorni a seguito della decisione del Presidente americano Donald Trump, come possiamo difenderci?
Intanto iniziamo con il dire che l’imposizione dei dazi è un’azione che subiamo per decisione politica di qualcun altro e che iniziative di questo tipo, se anche hanno un senso per chi le impone, sono spesso viste come una sorta di ingiustizia da parte di chi ne è colpito. Ma l’imposizione di barriere tariffarie è un vecchio strumento adottato dal governo di un Paese per protezione della propria economia nazionale o per ritorsione verso comportamenti ritenuti dannosi, o addirittura illeciti come le vendite in dumping, perpetrati dal Paese – o dai Paesi – colpiti dal provvedimento. Quindi, tutto sommato, niente di nuovo se non il fatto che un’azione delle dimensioni di quella che sta vivendo il commercio internazionale in questo inizio 2025 non si vedeva da molto tempo.
Come può un’azienda affrontare e gestire l’imposizione di dazi che colpiscono le sue esportazioni?
La teoria ci viene in aiuto, suggerendo numerose contro misure di tipo strategico e commerciale, considerando che quelle di tipo politico – ad esempio applicando condizioni di reciprocità – sono ad appannaggio dei governi e non appartengono alle azioni strategiche adottabili da parte dalle imprese.
È bene tenere però presente che queste azioni:
variano da settore a settore e da azienda ad azienda
in alcuni casi richiedono investimenti importanti e un arco di tempo medio lungo per essere attuate
possono essere sia di tipo produttivo che commerciale
Con quanto sopra ben in mente possiamo prendere in esame le varie contromisure disponibili – di seguito elencate in ordine sparso – per poi eventualmente scegliere e mettere in pratica quella che compatibilmente con la struttura e la forza della nostra azienda riusciamo a gestire.
- Spostare la produzione all’estero. I dazi colpiscono le merci che attraversano le dogane di due Paesi, non i prodotti che sono realizzati e successivamente venduti in uno dei due. Se ho la possibilità di spostare la produzione all’estero i miei clienti locali non pagheranno alcun dazio. È chiaro che questa contromisura non si può realizzare nel giro di poche settimane o mesi e richiede notevoli investimenti, che soprattutto le imprese di dimensioni minori non possono permettersi. Senza contare inoltre che un’operazione di questo tipo richiede una ulteriore decisione strategica: acquisto un’azienda già presente ed operativa oppure scelgo la strada della costruzione da zero di una nuova struttura (c.d. insediamento greenfield)?
- Firmare contratti di assemblaggio. A volte i dazi sono imposti sui prodotti finiti, ma non sulle singole parti componenti. Se ci troviamo in questo secondo caso è da valutare la possibilità di trovare un partner strategico in grado di gestire l’assemblaggio e la successiva commercializzazione dei nostri prodotti. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un’operazione complessa che richiede mesi, o anni, per poter andare a pieno regime. Insomma, non proprio una risposta immediata al problema.
- Assorbire il dazio e non farlo pagare ai clienti. Se la nostra azienda lavora in un settore che consente di avere un’alta marginalità, un’azione di contrasto all’imposizione dei dazi è quella di assorbire l’importo degli stessi rinunciando ad una parte dei propri margini di guadagno. Ad esempio se il margine sul prodotto è del 30% e il dazio del 20% posso rinunciare ad una parte di margine e scontare il prezzo del prodotto che pagherà il mio cliente all’estero. In tal modo spenderà complessivamente la stessa cifra pagata in precedenza, assolvendo però l’obbligo di versare i dazi all’importazione. Anzi pagherà complessivamente meno rispetto al passato, perché i dazi si applicano sul prezzo netto di vendita che ne frattempo abbiamo ribassato. È chiaro che una misura di questo tipo dovrebbe avere carattere temporaneo – quindi è bene formalizzare l’accordo con il cliente – e dovrebbe comunque essere accompagnata da un aumento delle quantità vendute verso quel Paese, in modo da recuperare parzialmente il minor guadagno.
- Ridurre i costi di produzione. Eventualmente selezionando nuovi fornitori che possono praticare prezzi inferiori o chiedere ai fornitori abituali uno sforzo per far sì che si possano esportare prodotti ad un prezzo più basso e compensare l’incidenza dei dazi. Rinunciare tutti a qualcosa oggi significa mantenere la quota di mercato per il futuro.
- Inserire nuovi prodotti a maggior valore. Incrementando la percezione del valore offerto con i nuovi prodotti sarà più difficile per i clienti del Paese che ha imposto i dazi valutare l’impatto negativo delle tariffe. Infatti si tratta di prodotti nuovi, con caratteristiche nuove e un’offerta qualitativa maggiore. I nuovi prezzi, anche se gravati dai dazi, saranno difficilmente comparabili con i precedenti. Va da sé che un’azione di questo tipo è possibile se in modo più o meno repentino i vecchi prodotti vengono eliminati e sostituiti dai nuovi.
- Penetrare nuovi mercati. Gli sforzi commerciali sono indirizzati verso nuovi mercati all’estero che dovrebbero compensare in modo più o meno importante la probabile diminuzione di acquisti da parte di quei clienti che si trovano nei Paesi che impongono i dazi. Questa operazione di accesso ai nuovi mercati richiede l’individuazione di Paesi verso i quali indirizzare gli investimenti, un’intensa attività commerciale e promozionale e la capacità dell’azienda di sopportare la iniziale mancanza di risultati, che solitamente si vedono nel medio periodo, ed il conseguente ritorno dell’investimento. Però è un modo per sfruttare un problema attuale per riorganizzare le proprie scelte di internazionalizzazione future.
- Aumentare le vendite nei mercati già serviti. Ovviamente stiamo parlando di tutti gli altri mercati verso i quali esportiamo e che non hanno imposto dazi. Non si tratta di una vera e propria contromisura da prendere relativamente al mercato del Paese che ha imposto i dazi doganali, ma una strategia commerciale alternativa per recuperare parte del fatturato che probabilmente perderemo in quel Paese. Aumentare le vendite verso gli altri mercati che abitualmente serviamo può consentire di limitare i danni. Certo che se il Paese che ha imposto i dazi assorbe l’80% delle nostre vendite export… ci sarà poco da recuperare.
Qualche soluzione al problema della imposizione dei dazi doganali si può trovare e non è detto che non si possa trasformare una situazione di negatività in una occasione di crescita e sviluppo per la nostra azienda.